Fonte: Il Sole 24 Ore

Riorganizzare la macchina pubblica per rendere efficiente tutto il sistema e rispettare le scadenze che sono state fissate dall’Unione europea. E farlo prima possibile anche per dare risposte concrete alle critiche che arrivano dal partenariato economico sociale. È questa una delle priorità cui sta lavorando la Regione siciliana che vuole, almeno così ha detto il responsabile dell’Autorità di gestione e direttore del dipartimento Programmazione Vincenzo Falgares, arrivare a pubblicare entro l’estate i primi bandi.

All’ordine del giorno c’è la definizione del cosiddetto Pra, il Piano di rafforzamento amministrativo considerato dalla Commissione europea condizione ex ante, ovvero necessaria per poter ottenere i finanziamenti comunitari. Non è cosa di poco conto, perché questa volta l’Unione europea ha provato a creare le condizioni affinché le risorse siano spese tutte e correttamente e una di queste condizioni è, appunto, una macchina amministrativa efficiente. Il Piano, che già una volta è stato rimandato indietro dai tecnici Ue con richiesta di integrazione e modifiche, dovrebbe essere pronto entro la fine di maggio. «È chiaro – spiega Cleo Li Calzi, che coordina Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della Regione siciliana, un gruppo di 18 persone impegnato a dare supporto nella definizione anche del Pra – che tutto ciò passa dalla responsabilizzazione dei direttori generali». Insieme al Pra gli uffici stanno definendo il manuale per gli Uco (Uffici competenti per le operazioni) nel tentativo di evitare una serie di passaggi burocratici che in passato hanno reso complessa l’attuazione dei Programmi comunitari: è stato avviato un confronto con la Corte dei conti per avere un via libera al manuale che possa dare in via preventiva, nel rispetto degli standard indicati in quel documento, il via libera alle decisioni evitando così quella spossante trafila che fa perdere mesi e mesi dietro un bando.
Tutto fa pensare a una volontà di fare prima possibile, recuperando i ritardi sin qui accumulati: l’obiettivo sembra essere quello di arrivare ad agosto 2017 con il 90% di quelle che potremmo definire misure target già avviate. Un obiettivo che dà anche una risposta a chi, nei giorni scorsi in occasione della presentazione del Po Fesr, ha continuato a battere sui tempi dei bandi.

I target di spesa e le possibili sanzioni
La Regione ha una scadenza immediata, si può dire dietro l’angolo, al 2018 ed è contenuta nei 16 indicatori di realizzazione e target. Su questo fronte l’altra scadenza è fissata al 2023 e riguarda l’intera dotazione finanziaria. L’obiettivo intermedio al 2018 (con il suo carico non irrilevante di spesa che deve essere certificata) non è orientativo: «Nel 2019 – spiega Li Calzi, che ha stilato il suo personalissimo semaforo per monitorare costantemente l’andamento degli atti della programmazione – sarà fatta una verifica sulla performance e la Commissione europea attribuirà la riserva di efficacia che corrisponde al 6% delle risorse allocate a ciascun fondo e ciascuna categoria di regioni, escludendo dal calcolo risorse destinate a cooperazione territoriale, e altre risorse indicate nel regolamento». E nel caso i target non vengano centrati? «In questo caso – dice Cleo Li Calzi – ovvero nel caso vi sia un livello non soddisfacente di conseguimento dei target intermedi e finali può determinare anche sanzioni, tra cui sospensioni dei pagamenti nel 2019 e correzioni finanziarie nel 2015». L’obiettivo sembra a portata di mano: al 2018 devono essere spesi (per poi essere certificati) 758.215.815 pari al 17% dei 4,45 miliardi da spendere entro il 2023 (da certificare entro il 2025).

Le obiezioni del partenariato economico sociale
L’intero programma, però, continua a essere messo in seria discussione dal partenariato economico-sociale (imprese, sindacati, artigiani) che pur giudicando positivamente la strategia di attuazione, gli ambiti tematici e la governance integrata e partecipata rilevano «gravi ritardi e preoccupanti distanze, per non dire incoerenze, tra forma e sostanza – si legge nel documento preparato alla vigilia del Comitato di sorveglianza che si è svolto a febbraio –. Le criticità rilevate nel passato sembrano cronicizzate». Nove i punti di criticità individuati dal partenariato e tra questi quello del rafforzamento delle competenze (e dunque del Pra) all’interno del sistema amministrativo regionale: «Non è possibile – si legge nel documento – un approccio territoriale rafforzato e nessun investimento territoriale integrato, se non si affronta il tema della capacity building delle istituzioni locali. I risultati delle programmazioni precedenti hanno evidenziato l’incapacità delle istituzioni locali di utilizzare i meccanismi dei fondi comunitari». Altra questione riguarda i principi dello Small business act che, dicono «rischia di esplicitarsi in un’ennesima formalità (dall’impegno per la riduzione complessiva degli oneri che gravano sulle imprese in poi). Misure come la semplificazione dei procedimenti dipendono soprattutto dai comportamenti, dalla cultura e dallo spirito proattivo che il personale dedicato dell’amministrazione deve assicurare secondo le proprie competenze». Una considerazione che precede una domanda: «A cosa serve un’agevolazione non ancora erogata nel 2016, rispetto a un bando del 2011? A causa dei ritardi nell’erogazione dei fondi molte imprese sono pesantemente indebitate o sono fallite. Il livello di credibilità da parte delle imprese nei confronti della programmazione comunitaria non è mai stato così basso. Semplicemente, le imprese non ci credono più».