Fonte: Il Sole 24 Ore
Valentina Regoli, 28 anni, impiegata in una coop di pulizie, porta a spasso il suo pancione di nove mesi nell’accampamento fantasma della zona industriale di Norcia: una sequenza di salumifici che in questi giorni lavorano a pieno ritmo, un campetto di calcio – l’Allegrini – e quattro tende azzurre della Protezione civile. Per molte settimane l’allegria è stato un sentimento estraneo a queste quattro grandi tende piantonate da tre volontari dell’Associazione nazionale carabinieri.
La mamma di Valentina, Cristina Sommella, lavora al salumificio Ciliani di Savelli, reclutata con un voucher temporaneo per fronteggiare gli ordini natalizi.
Il campo fantasma è spuntato all’improvviso tre giorni dopo la scossa rovinosa del 30 ottobre, malgrado il Comune di Norcia non volesse sentir parlare di tende: o autonoma sistemazione o il trasferimento negli hotel del lago Trasimeno, questo era l’aut l’aut. Di fronte alle insistenze dei lavoratori, Protezione civile, Comune e Regione Umbria trovano l’escamotage: d’accordo al campo di Norcia (ce ne sono altri sparsi per le frazioni) ma senza alcun riconoscimento formale. Pierluigi Altavilla, il vicesindaco, lo dice senza perifrasi: «All’Allegrini ci sono cittadini nelle tende? Per noi equivalgono a chi percepisce l’autonoma sistemazione». Cristina Sommella, la madre di Valentina, non sa se ridere o piangere. «Noi non abbiamo mai chiesto nulla, sia chiaro. Siamo sfollati che per comprovati motivi di lavoro non possono allontanarsi da Norcia».
Il mancato riconoscimento del campo ha alcune conseguenze sgradevoli sulla vita di Valentina e delle 60 persone temporaneamente domiciliate nelle tende della zona industriale di Norcia. È stata negata la nomina di un capo campo, un po’ come se una nave o un aereo non avessero il comandante, l’unico plenipotenziario riconosciuto per governare la struttura e relazionarsi con l’esterno. Quando il campo si allaga per le forti piogge o il riscaldamento delle tende va in tilt – c’è un sovraccarico costante di energia – i carabinieri o i vigili del fuoco chiedono di parlare con il capo campo. Appena capiscono che si tratta di una struttura autorganizzata, mostrano un’espressione perplessa e girano i tacchi. Valentina non si è arresa. E ha telefonato al segretario generale della Regione Umbria. Oggetto della protesta? Fino all’inizio di questa settimana, le donne ospiti nel campo, comprese quelle che lavorano per la Protezione civile e le volontarie, potevano contare su un unico container bagno (due turche, un water e una sola doccia) lontano dalle tende e senza riscaldamento.
Una situazione invivibile, soprattutto la notte, almeno fino a quando il campo Allegrini non è diventato l’avamposto dell’Esercito italiano. Il 3 di novembre sono arrivati da Maddaloni, in provincia di Caserta, i cucinieri. A guidarli c’era “zio Edo”- soprannome di battaglia affibbiatogli dai bambini – e “mago Pasquale”, il pizzaiolo che sforna centinaia di Margherite a pranzo e a cena. Edo, Pasquale e gli altri uomini della brigata campana – veterani delle missioni in Kosovo, Libano, Iraq e Bosnia – si sono presi cura di ognuno dei 600 ospiti della mensa: la pappetta per i neonati, riso in bianco ai convalescenti, spaghetti con le vongole per i buongustai.
Racconta Valentina: «Sono ragazzi d’oro: attraverso whatsapp siamo diventate amiche delle mogli, tanto che a Natale ci scambieremo i regali». Zio Edo si schermisce. «È gente che ha perso tutto, cerchiamo solo di alleviare i loro disagi con un sorriso e un piatto riuscito».
Due settimane dopo, esattamente il 15 di novembre, sono sfilati i mezzi pesanti del genio militare. Ora attorno alle mura di Norcia è tutto un via vai di ruspe e uomini in mimetica: spianano i terrapieni che di qui alle prossime settimane ospiteranno i nuovi moduli abitativi. Adesso Valentina, che ha la pelle del volto diafana come una madonna del Pinturicchio, sa a chi rivolgersi in caso di emergenza: «Ai ragazzi e alle ragazze del genio bastano cinque minuti per riparare qualsiasi guasto» dice come se parlasse degli amici di una vita. Un’armonia evidentemente contagiosa. Tre giorni fa, dopo le sollecitazioni alla Regione, è comparsa una ditta di pulizie che ha ripulito dal fango un container docce della Protezione civile, fino a quel momento inutilizzabile. Il ringraziamento a nome degli sfollati l’ha scritto una bambina di dieci anni, Luna, che in mensa, attorno al simbolo del 1mo Granatieri tappezzato di disegni dedicati all’Esercito, ha appeso una letterina in cui dipinge i soldati con una pennellata da brillante cronista: «Per me siete supereroi armati di padelle e mestoli».