Fonte: Il Sole 24 Ore
Il decreto legge sull’Ilva è approdato ieri nell’aula di Montecitorio per il voto finale, previsto tra domani e giovedì, e alla Camera si rivolgono l’Autorità per l’energia e, di nuovo, i sindacati metalmeccanici Fim. Fiom e Uilm. L’Autorità per l’energia paventa il rischio di un aumento delle bollette dell’elettricità, con costi per famiglie e imprese, a seguito della posticipata restituzione del prestito da 400 milioni che lo Stato ha accordato con un’altra legge alla gestione commissariale dell’Ilva. Il rimborso sarebbe dovuto avvenire nell’esercizio finanziario corrispondente all’erogazione, ma il nuovo decreto lo rinvia al 2018.
Lo slittamento del rimborso, segnala l’Autorità alla Camera, viene compensato attraverso la copertura assicurata dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (Cse), cioè la vecchia Cassa conguaglio. La quale si occupa di riscuotere alcune componenti tariffarie dagli operatori che vengono poi raccolte nei conti di gestione dedicati e successivamente erogati a favore delle imprese secondo regole della stessa Autorità per l’energia elettrica. Anticipando il rimborso che spetterebbe all’Ilva, vi è quindi il rischio, per Cse, di «una significativa riduzione dei margini di flessibilità di manovra» e questo «potrebbe determinare la necessità di acquisire ulteriore gettito derivante dal prelievo tariffario». Tuttavia l’Autorità ha anche precisato che «i rischi di aumenti tariffari si manifesterebbero solo se il rimborso dell’importo non sarà effettuato nel termine previsto, cioè nel 2018». Conferma Teresa Bellanova, vice ministro allo Sviluppo economico: «La norma è chiara: ha natura temporanea e prevede che il rimborso dell’importo sia effettuato dal 2018».I sindacati metalmeccanici, invece, scrivono a tutti i capigruppo della Camera chiedendo di incontrarli oggi quando in aula riprenderà la discussione sul decreto con la presentazione di nuovi emendamenti dopo quelli approvati nei giorni scorsi dalle commissioni Ambiente e Attività produttive che hanno modificato e migliorato il testo iniziale, osserva Alessandro Bratti, del Pd, uno dei due relatori (l’altra è la Dem Cristina Bargero). I sindacati, già ascoltati dalle commissioni, dicono che «è imprescindibile un confronto tra gli organismi di Governo e le parti sociali», convinti che «non può essere rinviato, in questa fase delicatissima, un momento di ascolto dei lavoratori su temi che inevitabilmente prefigureranno possibili scelte e che determineranno ricadute ambientali, sanitarie e occupazionali per l’intera collettività».
Infine, sul fronte ambientale e sanitario, l’Asl di Taranto replica all’Ordine dei medici di Taranto che aveva contestato le affermazioni fatte dalla stessa Asl alle commissioni della Camera. Per l’Asl, «da ottobre 2012 a oggi, anche in relazione al rallentamento della produzione dello stabilimento Ilva, si è assistito a una riduzione della concentrazione di polveri sottili e di benzoapirene persino nelle aree adiacenti allo stabilimento industriale». In linea con questi valori, dice l’Asl, anche i dati diffusi da Legambiente nel 2015, che ha stilato una speciale classifica relativa alla presenza di polveri sottili nelle città italiane, in cui Taranto si colloca al 56esimo posto di 76 aree urbane, alle spalle di numerosi centri il cui contesto industriale è meno sviluppato rispetto a quello del capoluogo ionico».