Fonte: Il Sole 24 Ore
La tenuta del piano industriale di Aferpi (e la sua sostenibilità finanziaria) continua a essere in discussione a Piombino. I sindacati hanno ottenuto una convocazione al Mise nella giornata di lunedì con l’obiettivo di ottenere un chiarimento, visto che a luglio scadrà l’impegno, previsto dalla Prodi bis (decreto legislativo 270/99) e sottoscritto dai nuovi proprietari degli asset ex Lucchini, di «proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali».
Da più parti si invoca un piano alternativo e un intervento deciso del Governo, magari con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti. La promessa di fare ripartire l’area a caldo è ancora lontana da essere attuata; l’azienda fatica a finanziare l’attività, a partire dal circolante, e i sindacati temono il venire meno delle garanzie occupazionali (Aferpi ha riassorbito tutti gli oltre 2mila addetti dalla procedura, e oggi li gestisce con la solidarietà).
Il sindacato è preoccupato anche delle mire di Rebrab su Leali steel, realtà trentina che possiede un’acciaieria e un laminatoio (71 milioni di fatturato e 21 milioni di perdite nel 2016), per la quale l’imprenditore algerino ha avanzato una proposta d’affitto. Mauro Faticanti, responsabile siderurgia Fiom, definisce Issad Rebrab, presidente di Cevital, un «partner inaffidabile. A due anni dalla firma dell’accordo – dice – nulla ha rispettato di quanto era scritto. Oggi è tutto fermo». L’attività a Piombino è vicina al blocco, con due treni fermi e il treno rotaie che marcia a visibilità ridotta. Rebrab sta pensando inoltre di rinnovare il vertice della società.
Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha chiesto a Cevital un impegno formale sul rilancio, fornendo un nu0vo piano industriale aggiornato. I sindacati chiedono un coinvolgimento di Cdp, come è avvenuto per il salvataggio di Ilva, anche se i termini della questione sono diversi: a Taranto Cdp sta partecipando a una gara per rilevare gli asset Ilva, in cordata con altri. La chiave che permetterebbe a Cdp di entrare nella partita di Piombino potrebbe però stare nella quota del 27,27% che Lucchini spa ancora possiede in pegno: la procedura, in altre parole, risulta cointestataria, con la holding Cevitaly, di una quota di azioni.
Il commissario Piero Nardi ha recentemente ricordato che il mancato finanziamento del piano da parte degli azionisti è una motivazione inopponibile per dichiarare il «default dell’acquirente», sottolineando che «accertato il default, la Procedura Lucchini dovrà attivare le garanzie previste dal contratto», vale a dire «l’escussione del pegno sulle azioni o la clausola risolutiva espresso». Escutendo le azioni, la procedura entrerebbe nel capitale di Aferpi. Questa eventualità consentirebbe allo stato, attraverso Cdp, di entrare correttamente nel capitale della holding siderurgica. A quel punto si aprirebbe la ricerca di un partner, che in alcuni ambienti si auspica possa essere addirittura la stessa Jindal (una volta conclusa la vicenda Ilva): il gruppo indiano potrebbe trovare possibilità di verticalizzazione negli asset di Piombino, che già fornisce (e per aggiudicarsi i quali aveva già preso parte a una gara, la stessa vinta da Cevital).
In vista dell’incontro di lunedì, Mirko Lami, segretario della Cgil Toscana, ha scritto al ministro Calenda: «confermiamo la convinzione – ha detto – che si debba costruire un protocollo di intesa in cui, dopo la presentazione del piano industriale, ognuno prenda impegni precisi. Bene che tutti siconcentrino sulle reali intenzioni dell’algerino a patto che, contemporaneamente, si mettano in campo soluzioni per arrivare al momento in cui si torni a produrre acciaio».