Fonte: Il Sole 24 Ore
Il cammino di ri-privatizzazione dell’Ilva, da sempre invocato da Federacciai, sta imoccando la strada corretta: «la situazione non è mai stata così come favorevole, e la recente decisione della famiglia Riva è stata fondamentale». Ne è convinto Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, che in questi anni non ha mai nascosto la sua preoccupazione pr il difficile iter imboccato dal Governo. «Sono sempre stato molto preoccupato per il rischio di distruzione di valore di un asset come Ilva, della magnitudo finanziaria necessaria per rimetterla in pista, della difficile congiuntura siderurgica. Ho sempre insitito perchè questi asset tornassero in mani private. Oggi sono più fiducioso rispetto al passato».
Come ha accolto l’annuncio del premier Matteo Renzi, relativo all’accordo con la famiglia Riva per sbloccare 1,3 miliardi di euro a favore dell’azienda?
Non conosco nel dettaglio le motivazioni legate all’accordo e non ne ho parlato con i Riva, ma lo giudico un passaggio importante. Conosco Claudio Riva e il suo pragmatismo: ha fatto questa scelta, non facile, per garantire un futuro sereno al suo gruppo, una delle principali realtà siderurgiche a livello europeo. Possiamo considerarlo, in un certo senso, l’ultimo investimento dei Riva su Taranto, che si aggiunge ai 4,2 miliardi investiti durante la loro gestione con Riva Fire.
Questa scelta, secondo molti osservatori, è cruciale anche per il rilancio dell’Ilva attraverso la cessione.
Concordo. Questo passaggio consente di avere risorse certe con cui coprire i costi dell’Aia e dell’ambientalizzazione, che di conseguenza non saranno scaricati su chi arriverà.
Qual è il suo giudizio sull’iter di cessione?
Con l’ingresso di Jindal south west in Acciaitalia, con una quota rilevante, entrambe le compagini in campo hanno la caratura necessaria. Entrambe possono contare su player internazionali, essenziali per l’operazione di ri-privatizzazione che abbiamo sempre chiesto; entrambe hanno al loro interno un’importante presenza italiana, Marcegaglia da una parte, Arvedi dall’altra. Entrambe sono credibili, sia sul piano finanziario che su quello manageriale.
Come vede questa fase finale della gara?
Ero molto preoccupato, ora sono ottimista e sono più fiducioso sul fatto che l’operazione del Governo italiano possa andare a buon fine. Anche la congiuntura sta svoltando, soprattutto sui piani. Se guardiamo a tutti questi elementi messi insieme non si può che essere ottimisti, anche se era e resta un’operazione difficile.
I segnali positivi del mercato sono destinati a proseguire?
Difficile potere prevedere quanto durerà questa fase. Ci sono segnali molto importanti sui prezzi: sono cresciuti i costi delle materie prime e gli aumenti di prezzo lanciati sono passati, significa che c’èuna domanda che resiste. Il trend potrebbe essere confermato anche nel primo trimestre dell’anno prossimo. In Italia, in particolare, i piani hanno recuperato grazie al ritorno dell’Ilva, na anche i lunghi confermano i risultati non disprezzabili dell’anno precedente.
Parlando di futuro: a che punto è l’iter legato al progetto di realizzare un interconnector fisico con la Francia promosso da Federacciai? La crisi nucleare transalpina rischia di impattare sul progetto?
Escludo che i problemi delle centrali nucleari francesi pesino sulla nostra strategia, che è di lungo periodo. L’orizzonte temporale è di almeno 15 anni, ce ne vorranno 5 solo per la costruzione dell’infrastruttura. L’iter procede bene, proprio in questi giorni stiamo allestendo lo schema di finanziamento, insieme agli advisor.