Fonte: Il Sole 24 Ore
Basteranno 100 litri d’acqua e un etto di litio per assicurare, per un intero anno, l’energia sufficiente per 3mila persone. Il sogno della fusione nucleare, da non confondere con la fissione, potrebbe presto diventare realtà partendo da un polo scientifico-tecnologico con sede in Piemonte. Il progetto, presentato ieri all’Unione industriale di Torino, vale 500milioni di euro di investimento, con una ricaduta di 2miliardi sul territorio. Si chiama DTT, Divertor Tokamak Test facility e nasce su impulso dell’Enea con la collaborazione della Regione Piemonte e dell’Unione Industriale. L’obiettivo è la realizzazione, nell’arco di 7 anni, di una infrastruttura strategica di ricerca sulla fusione nucleare con lo sviluppo di tecnologie innovative per la competitività dell’industria nazionale. L’iniziativa rientra tra i progetti internazionali di ricerca sulla fusione nucleare, come Iter, International Experimental Reactor e Broader Approach che già vedono la presenza di Enea tra i leader. Ma riuscire a portare in Italia questi 500milioni di investimenti per l’esperimento internazionale diventa fondamentale per non perdere l’ennesimo treno. Per questo Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, ha spiegato che è necessaria una azione di lobby democratica per convincere rapidamente il governo italiano a candidarsi per ospitare la nuova struttura, anche perché le candidature internazionali non mancano. A Iter partecipano, infatti, anche Cina, Giappone, Russia, India, Corea del Sud, Stati Uniti e Unione europea attraverso Iter Organization con sede a Cadarache, in Francia, dove è già in costruzione un reattore di 23mila tonnellate che dovrà dimostrare la fattibilità della produzione di energia da fusione. Complessivamente il progetto Iter impegna oltre 20 miliardi di euro, dei quali 6,6miliardi destinati all’industria europea. Mentre Broader Approach è l’accordo tra Europa e Giappone sempre relativo alla ricerca sulla fusione.
Federico Testa, presidente dell’Enea, ha sottolineato che, a fronte di una precisa volontà politica, il nodo delle risorse non sarebbe un grande problema. Circa 250 milioni deriverebbero da un prestito erogato tramite il piano Juncker o dalla Bei. E sarebbero ripagati in 25 anni, grazie anche ai finanziamenti previsti da Eurofusion per la manutenzione degli impianti., Nessun problema neppure sui 30 milioni di euro messi a disposizione dai laboratori coinvolti e per altri 30 milioni di contributo cinese. Chiamparino ha assicurato il sostegno regionale, e potrebbe valere 15 milioni. Da Eurofusion arriverebbero 60 milioni e dall’Agenzia per la coesione territoriale altri 35 milioni a partire dal 2019. Mancherebbero 40 milioni del Mise, da ottenere con la proroga del finanziamento Ricerca sistema elettrico. Mentre 40 milioni potrebbero arrivare dal Miur. Che, da anni, ha 80 milioni inutilizzati, destinati al progetto Ignitor da realizzare in Russia con la collaborazione di Mosca. Non se n’è fatto nulla e la Russia partecipa anche a Iter. L’importante, però, è non perdere tempo. Il Piemonte mette a disposizione – come ha ricordato Dario Gallina, presidente degli industriali torinesi – un sistema industriale d’avanguardia, con numerose aziende che operano proprio in questi ambiti e che hanno ottenuto i due terzi delle commesse vinte dall’Italia per Iter, per un totale di circa 1 miliardo di euro. Inoltre il Piemonte può contare su poli di ricerca come quelli del Politecnico e dell’Università e ha già individuato nell’area di Casale Monferrato la località dove collocare la struttura. Che occuperà almeno 270 addetti per la costruzione e 500 per la sperimentazione. Ma si aggiungeranno, rispettivamente, altri 350 e 750 posti nell’indotto terziario. La gestione dell’impianto si protrarrà per almeno 25 anni e richiederà almeno 15 milioni di euro l’anno per manutenzioni, materiali di consumo, spese di approvvigionamento. Oltre alle ricadute sull’indotto e sul territorio per la presenza dello staff tecnico-scientifico. Quanto all’inquinamento, il direttore del dipartimento fusione dell’Enea, Aldo Pizzuto, assicura che sarà nullo. Non ci saranno le scorie prodotte dalla fissione perché la fusione produrrà solo elio, il gas utilizzato per gonfiare i palloncini. E anche il consumo del suolo sarà limitato perché la struttura occuperà soltanto 3 ettari.